lunedì 8 ottobre 2012

Tony Micelotta si racconta: piccole confessioni di un barman

“Nostra intervista con il Duca del martini”

-Sign. Micelotta quali sono le 5 qualità di un bravo Barman?
Secondo me dovrebbe essere bello come Robert Redford; laureato in sociologia; avere almeno tre milioni di sterline in banca; e avere anche l’umiltà e la disponibilità, obbligatorie in questa professione. Sembrano dei paradossi, ma se uno ha tutte queste cose, che è impossibile, allora può veramente fare questa professione in modo perfetto. Deve saper ascoltare molto e deve, come un pugile, essere capace d’incassare ogni genere di colpo ai fianchi e poi con eleganza, saper mettere a segno un “knock-out” finale.

-Quanti Cocktail Martini ha preparato nella sua vita?
Almeno 500.000 in questi 40 anni di carriera. Ho iniziato ragazzo al Savoy di Londra, quando c’era come cliente Franck Sinatra che cantava al Royal Festival Hall dall’altra parte del Tamigi.

-Lei ha servito anche la Regina Madre vero?
Sì, veniva al Dukes, quasi tutti i pomeriggi alla stessa ora, senza protocollo, era già più che novantenne, con alcune persone del suo seguito e le piaceva sorseggiare un Pink Gin. Lei lo voleva preparato con il Plymouth Gin, di una distilleria del Devon, la più antica d’Inghilterra. 
La Regina Madre amava la ricetta classica:
Gin Plymouth e una goccia di Angostura bitters in un bicchiere Paris Goblet con una goccia di “plain water” acqua senza gas.

-E  Pierce Brosnam, amava il Viper Martini come 007, o il Cocktail Martini? E lei?
Pierce Brosnam, come richiedeva il suo ruolo di 007, lo voleva shakerato, però non si dovrebbe mai shakerare questa ricetta perché, come dicono gli inglesi: “you bruise the gin”, si provoca i lividi al gin. 
Lui aveva “the licence to kill” ed io, come mi divertivo a ripetergli, avevo “the licence to chill”. Io bevo il martini nel mio giorno di riposo, in versione vodka. Ma le confesso che sono anche un bevitore di champagne, come Fleming, amo il Bollinger.

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